La sconfitta contro il PSG maturata ieri sera deve far riflettere. Per forza di cose. Perché quello visto ieri non è il Milan che ci si aspetta. Quello visto ieri, semplicemente, non è un grande Milan. Questo, il fattore che va attenzionato con particolare cura del dettaglio. La squadra di Pioli cade sempre negli stessi errori. Pioli stesso cade negli stessi errori, specialmente quando si alzano cilindrata dell’avversario e posta in palio. I tre scontri diretti giocati finora confermano tutto ciò: dalla batosta nel derby, passando per la sconfitta con la Juventus, per poi arrivare alla serata del Parco dei Principi. Quest’ultima, una sconfitta che sa di condanna, con pena eliminazione dalla Champions League. Il numero ”zero” di fianco alla sezione ”gol segnati” sottolineano un problema offensivo evidente. Che parte, però, dalla testa, dall’atteggiamento.
MILAN, DOVE VUOI ARRIVARE?
Talvolta difficile da decifrare, nelle giocate dei singoli e nell’organizzazione collettiva. Troppe volte povero di mordente, poco arrembante. Aggettivi che distaccano questo Milan dalla gloriosa versione scudettata, che in campo dava tutto e anche di più. Dopo il tricolore, però, qualcosa si è inevitabilmente rotto. Raramente si rivedrà una squadra capace di vincere, di convincere e di soffrire unita, compatta, concentrata e sul pezzo. Al contrario, un eccesso di egoismo e di spavalderia ha sfaldato gli equilibri di un giocattolino potenzialmente perfetto, per giunta non curato e nemmeno rinforzato a dovere. Storia recente gli errori di Maldini, la negativa stagione passata, la rivoluzione estiva. Nonché la chiara volontà di tornare a fare la voce grossa, con otto acquisti e 110 milioni spesi per costruire una squadra nuova, rinfrescata negli stimoli.
Tra pregi e difetti del nuovo corso, però, spuntano dei limiti pregressi. E portano il nome del tecnico, Stefano Pioli, finito ben presto sul banco degli imputati. In effetti, non potrebbe essere altrimenti. La sua comunicazione, diventata col tempo aggressiva, gli ha fatto perdere punti. E questa strabordante presunzione lo ha fatto cadere più volte in errore anche sul campo. Da Milan bello, difficile da leggere e omologatosi progressivamente agli standard europei, a Milan inconcludente, monotono, spento, che fatica a segnare, a creare con continuità, a variare. Fattori che, combinati, non offrono un prodotto adeguato, né tantomeno piacevole.
Fattori che, combinati, riportano Pioli sulla copertina della questione. Perché non cambia mai, e tante volte non ha il coraggio di farlo. Vedi con la gestione dei nuovi acquisti lo scorso anno, per un motivo o per un altro pessima. E perché si è incaponito con un unico modo di giocare e intestardito con scelte discutibili, che bloccano il raggio offensivo della squadra, come la ricerca spasmodica degli uno contro uno e una vulnerabilità difensiva troppo facile da smascherare.
Pochi tiri in porta, pochi palloni puliti agli attaccanti. E finché la regia non viene stabilmente consegnata nei piedi di Adli, questo sarà un problema ricorrente. Perché, ovviamente, è anche una questione di singoli. A partire dall’attacco, vero tallone d’Achille della squadra. Perchè Giroud, 37 anni, non ha più i polmoni di una volta, perché Okafor non è esattamente una prima punta e andrebbe sfruttato in altra maniera, e perché Jovic, giocatore totalmente da rispolverare, non riesce ancora a dare garanzie, chiudendo il cerchio delle incognite. E’ un capitolo ampio, che verrà approfondito anche in sede di mercato, dove si monitorano con attenzione le prestazioni di Jonathan David. Giovane, veloce, bravo tecnicamente e forte sotto porta: potrebbe essere lui il futuro numero 9 del Diavolo.
Invece, chi è chiamato una volta per tutte, a fare un salto in avanti: Rafael Leao. Va bene divertirsi, ma fino a che punto? Il portoghese, spesso, si perde nei suoi giochetti e dimentica la cattiveria sotto il pallone. Si accende e si spegne poco, ed è chiaramente preoccupante. Ha il 10 sulle spalle, deve esserlo sempre.
Così come il Milan, del resto. Che sulla maglietta ha un numero 7, contornato dalla patch della Champions League. Profuma di storia, e va onorata fino all’ultimo. Ora, voltare pagina, per capire dove si vuole davvero arrivare.
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Fonte foto: X Milan